Economia globale. Si apre l'era della Globalizzazione 2.0

di redazione Euroroma 19/01/2016 ECONOMIA E WELFARE
img

Stiamo entrando in una nuova fase nell'evoluzione dell'economia mondiale”, ha così esordito l’editor inglese del Financial Times, Lionel Barber, che ha spiegato le nuove fasi dell’economia globale nel forum organizzato dal Financial e dal Nikkei, indice di borsa di Tokyo, dal titolo “Globalizzazione 2016, competizione e opportunità”, di cui si può leggere ampi stralci sul sito del principale giornale economico-finanziario britannico.

Barber ha illustrato con chiarezza che la lunga fase di espansione capitalistica durata almeno quattro secoli, che l’Occidente ha avuto, e per Occidente egli intende quei paesi che hanno condiviso la democrazia liberale, quindi anche il Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, un’espansione fatta da rivoluzioni economiche, sociali e tecnologiche, è giunta ad un punto di indebolimento. Molti gli eventi che negli ultimi quarant’anni hanno portato a questa fase di svuotamento di questo processo durato centinaia di anni, come la creazione dell'Unione europea nel 1993, il lancio della moneta unica nel 1999; l'accordo del 1994 dell'Uruguay Round sulla liberalizzazione del commercio mondiale e la creazione dell'Organizzazione mondiale del commercio; l'apertura di una economia di mercato nella Cina comunista, così come già in precedenza il crollo dell’Unione Sovietica. Eventi che sommatisi alla recente ascesadei mercati emergenti e la transizione in India e Cina, ha portato il numero del persone che vivono e alimentano l’economia di mercato da un miliardo e mezzo a 4 miliardi di persone. Un’espansione che Barber ha chiamato come “Globalizzazione 2.0” e che ha decretato la fine dle predominio occidentale poiché secondo il giornalista oggi “la globalizzazione 2.0 significa l'interdipendenza delle diverse identità e culture caratterizzate da nuove forme della modernità non occidentale”.

Una nuova periodizzazione, secondo Barber, acceleratasi dopo la crisi finanziaria del 2008, con la ri-regolamentazione del settore bancario segnata dal rimpatrio dei capitali, dal crollo di molte banche finanziarie, fattori che hanno decretato un “parziale “ disgregamento del sistema finanziario e una rimodulazione del vecchio sistema, che ha definito globalizzazione 1.0, che pure aveva garantito crescita per oltre trent’anni.

Oggi il rallentamento dell’economia cinese, sembra frenare maggiormente le economie emergenti, i cosiddetti paesi Brics, per la loro difficile situazione di indebitamento, famiglie e imprese, e per l’incapacità di realizzare riforme adeguate alla crescita esponenziale che pure avevano vissuto negli ultimi anni. Il Brasile su tutti. Secondo quanto emerso dal forum, questi paesi sono fra quelli che dovranno affrontare lunghi periodi di adattamento, soprattutto per quelli dipendenti dalle materie prime che ne costituiscono ancora l’ossatura della produzione industriale.

Durante i lavori del forum si sono sottolineati anche altri punti: il primo riguarda il web e il limite che ad oggi ha raggiunto internet con la sicurezza informatica e delle stesse nazioni sempre più a rischio. Poi impossibile non rilevare che l’ascesa, anche violenta, di un Islam radicale, con la simultanea contesa per l’egemonia fra Sunniti e Sciiti sta portando ad un significativo cambiamento geopolitico. Infine il ruolo determinante della Cina nei meccanismi del’economia mondiale. Il nodo principale è che il paese più in crescita, anche se oggi in frenata, e che più ha visto mutare nell’ultimo quarto di secolo le proprie condizioni e strutture economiche, appare fin troppo debole dal punto di vista delle istituzioni politiche.

Dal forum si evince che gli analisti finanziari puntano sulle riforme, riforme strutturali, ossia trasformare il “vecchio” welfare novecentesco, quelle riforme nelle quali l’Unione europea sembra si stia smarrendo per non aver seguito finora una linea completamente unitaria nonostante i buoni sforzi, a giudizio di Barber, del governatore della banca centrale Mario Draghi. Il punto cruciale appare la rimodulazione della politica monetaria, che da sola non appare più in grado di risultare quel mezzo di generazione di crescita economica come in passato.

D’altro canto negli Usa sarà decisiva la politica fiscale del presidente che verrà eletto a novembre. Per la Cina l’unica prospettiva percorribile a giudizio di Barber sono le riforme definitive per portare le imprese su un reale libero mercato, ma vorrà e saprà farlo il partito comunista?

La globalizzazione 2.0 ha molti oppositori, in primo luogo i populisti alla Farage, Le Pen e Trump, il nazionalismo in Cina, Russia e nel resto dell'Asia, di contro occorrono, secondo i delegati del Forum di Tokyo, i riformatori da Pechino a Bruxelles fino a Washington e un’alleanza globale fra tutti coloro che non pongono frontiere e limitazioni.


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali